Dal compendio della dottrina sociale della Chiesa…

230 L’amore coniugale è per sua natura aperto all’accoglienza della vita.512 Nel compito procreativo si rivela in modo eminente la dignità dell’essere umano, chiamato a farsi interprete della bontà e della fecondità che discendono da Dio: « La paternità e la maternità umane, pur essendo biologicamente simili a quelle di altri esseri in natura, hanno in sé in modo essenziale ed esclusivo una “somiglianza” con Dio, sulla quale si fonda la famiglia, intesa come comunità di vita umana, come comunità di persone unite nell’amore (communio personarum) ».513

La procreazione esprime la soggettività sociale della famiglia ed avvia un dinamismo di amore e di solidarietà tra le generazioni che sta alla base della società. Occorre riscoprire il valore sociale di particella del bene comune insito in ogni nuovo essere umano: ogni bambino « fa di sé un dono ai fratelli, alle sorelle, ai genitori, all’intera famiglia. La sua vita diventa dono per gli stessi donatori della vita, i quali non potranno non sentire la presenza del figlio, la sua partecipazione alla loro esistenza, il suo apporto al bene comune loro e della comunità familiare ».514

231 La famiglia fondata sul matrimonio è davvero il santuario della vita, « il luogo in cui la vita, dono di Dio, può essere adeguatamente accolta e protetta contro i molteplici attacchi a cui è esposta, e può svilupparsi secondo le esigenze di un’autentica crescita umana ».515 Determinante e insostituibile è il ruolo della famiglia per la promozione e la costruzione della cultura della vita 516 contro il diffondersi di una « “anti-civiltà” distruttiva, com’è confermato oggi da tante tendenze e situazioni di fatto ».517

Le famiglie cristiane, in forza del sacramento ricevuto, hanno la peculiare missione di essere testimoni e annunciatrici del Vangelo della vita. È un impegno che assume nella società il valore di vera e coraggiosa profezia. È per questo motivo che « servire il Vangelo della vita comporta che le famiglie, specie partecipando ad apposite associazioni, si adoperino affinché le leggi e le istituzioni dello Stato non ledano in nessun modo il diritto alla vita, dal concepimento alla morte naturale, ma lo difendano e lo promuovano ».518

232 La famiglia contribuisce in modo eminente al bene sociale mediante la paternità e la maternità responsabili, forme peculiari della speciale partecipazione dei coniugi all’opera creatrice di Dio.519 L’onere di una simile responsabilità non può essere invocato per giustificare chiusure egoistiche, ma deve guidare le scelte dei coniugi verso una generosa accoglienza della vita: « In rapporto alle condizioni fisiche, economiche, psicologiche e sociali, la paternità responsabile si esercita, sia con la deliberazione ponderata e generosa di far crescere una famiglia numerosa, sia con la decisione, presa per gravi motivi e nel rispetto della legge morale, di evitare temporaneamente od anche a tempo indeterminato una nuova nascita ».520 Le motivazioni che devono guidare gli sposi nell’esercizio responsabile della paternità e della maternità derivano dal pieno riconoscimento dei propri doveri verso Dio, verso se stessi, verso la famiglia e verso la società, in una giusta gerarchia di valori.

233 Circa i « mezzi » per attuare la procreazione responsabile, vanno anzitutto rifiutati come moralmente illeciti sia la sterilizzazione sia l’aborto.521 Quest’ultimo, in particolare, è un abominevole delitto e costituisce sempre un disordine morale particolarmente grave; 522 lungi dall’essere un diritto, è piuttosto un triste fenomeno che contribuisce gravemente alla diffusione di una mentalità contro la vita, minacciando pericolosamente una giusta e democratica convivenza sociale.523

Va pure rifiutato il ricorso ai mezzi contraccettivi nelle loro diverse forme: 524 tale rifiuto si fonda su una corretta e integrale concezione della persona e della sessualità umana 525 ed ha il valore di un’istanza morale a difesa del vero sviluppo dei popoli.526 Le stesse ragioni di ordine antropologico giustificano, invece, come lecito il ricorso all’astinenza periodica nei periodi di fertilità femminile.527 Rifiutare la contraccezione e ricorrere ai metodi naturali di regolazione della natalità significa scegliere di impostare i rapporti interpersonali tra coniugi sul reciproco rispetto e sulla totale accoglienza, con positivi riflessi anche per la realizzazione di un ordine sociale più umano.

234 Il giudizio circa l’intervallo tra le nascite e il numero dei figli da procreare spetta soltanto agli sposi. È questo un loro diritto inalienabile, da esercitare davanti a Dio, considerando i doveri verso se stessi, verso i figli già nati, la famiglia e la società.528 L’intervento dei pubblici poteri, nell’ambito delle loro competenze, per la diffusione di un’appropriata informazione e l’adozione di opportune misure in campo demografico, deve essere compiuto nel rispetto delle persone e della libertà delle coppie: non può mai sostituirsi alle loro scelte; 529 tanto meno lo possono fare le varie organizzazioni operanti in questo settore.

Sono moralmente condannabili come attentati alla dignità della persona e della famiglia tutti i programmi di aiuto economico destinati a finanziare campagne di sterilizzazione e di contraccezione o subordinati all’accettazione di tali campagne. La soluzione delle questioni connesse alla crescita demografica deve essere piuttosto perseguita nel simultaneo rispetto sia della morale sessuale sia di quella sociale, promuovendo una maggiore giustizia e autentica solidarietà per dare ovunque dignità alla vita a cominciare dalle condizioni economiche, sociali e culturali.

235 Il desiderio di maternità e paternità non giustifica alcun « diritto al figlio », mentre invece sono evidenti i diritti del nascituro, al quale devono essere garantite condizioni ottimali di esistenza, mediante la stabilità della famiglia fondata sul matrimonio e la complementarità delle due figure, paterna e materna.530 Il rapido sviluppo della ricerca e delle sue applicazioni tecniche nella sfera della riproduzione pone nuove e delicate questioni che chiamano in causa la società e le norme che regolano la convivenza umana.

Occorre ribadire che non sono moralmente accettabili tutte le tecniche riproduttive — quali la donazione di sperma o di ovocita; la maternità sostitutiva; la fecondazione artificiale eterologa — che prevedono il ricorso all’utero o a gameti di persone estranee alla coppia coniugale, ledendo il diritto del figlio a nascere da un padre e da una madre che siano tali dal punto di vista sia biologico sia giuridico, oppure separano l’atto unitivo da quello procreativo ricorrendo a tecniche di laboratorio, quali l’inseminazione e la fecondazione artificiale omologa, così che il figlio appare come il risultato di un atto tecnico più che come il naturale frutto dell’atto umano di piena e totale donazione dei coniugi.531 Evitare il ricorso alle diverse forme di cosiddetta procreazione assistita, sostitutiva dell’atto coniugale, significa rispettare — sia nei genitori sia nei figli che essi intendono generare — l’integrale dignità della persona umana.532 Sono leciti, invece, i mezzi che si configurano come aiuto all’atto coniugale o al raggiungimento dei suoi effetti.533